Rischio chimico sul posto di lavoro: come avviene la valutazione?

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, il rischio chimico sul posto di lavoro non riguarda esclusivamente le industrie chimiche, le raffinerie o i laboratori di ricerca, ma uno specchio più ampio di ambiti lavorativi.

Vengono infatti definiti agenti chimici “tutti gli elementi o composti chimici da soli o nei loro miscugli; allo stato naturale o ottenuti; utilizzati o smaltiti mediante qualsiasi attività lavorativa, compreso lo smaltimento come rifiuti; siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o meno sul mercato”. [art. 222 del D.Lgs 81/08]

Data tale definizione, si può facilmente intuire che:

  • gli agenti chimici sono parte integrante della nostra vita quotidiana;
  • il rischio chimico all’interno degli ambienti di lavoro è molto più diffuso di quanto si possa pensare.

Ad esempio: i prodotti per le pulizie o per la disinfezione, i prodotti per la stampa e per la conservazione degli alimenti, sono tutti agenti chimici con i quali si può venire a contatto con estrema facilità.

Dunque la presenza di sostanze chimiche, anche potenzialmente pericolose, è elevata e comporta una notevole diffusione del rischio chimico negli ambienti di lavoro, con un numero corrispondente di lavoratori esposti al rischio, talvolta anche inconsapevolmente.

Classificazione del rischio chimico

Considerata una tale diffusione degli agenti chimici, è stato creato un sistema univoco di classificazione, che prevede una distinzione in due classi:

Agenti con proprietà pericolose di tipo chimico-fisico

A loro volta, sono suddivisibili in agenti:

  • infiammabili,
  • esplosivi,
  • comburenti,
  • corrosivi.

L’esposizione accidentale e non adeguatamente controllata agli agenti chimici di questa classe, generalmente genera infortuni.

Agenti con proprietà tossicologiche

A loro volta, sono distinguibili in sostanze:

  • nocive,
  • sensibilizzanti,
  • irritanti,
  • tossiche,
  • tetratogene,
  • cancerogene.

L’esposizione accidentale e non adeguatamente controllata agli agenti chimici di questa classe, genera malattie professionali.

Come valutare la pericolosità degli agenti chimici?

Lo strumento utilizzato per valutare in modo immediato l’eventuale pericolosità di un prodotto chimico è l’etichettatura, ridefinita dal regolamento europeo in vigore dal 1 giugno 2015 (REACH e CLP).

L’etichettatura di pericolosità definisce nove pittogrammi di rischio, ognuno dei quali illustra una tipologia di pericolo associata alle proprietà intrinseche della sostanza. Sono riconoscibili per la loro forma romboidale in campo bianco con cornice rossa.

Pittogrammi di rischio aggiornati secondo la normativa

Normative di riferimento

Per quanto riguarda il panorama del Rischio Chimico a livello internazionale, le normative europee di riferimento che hanno introdotto importanti novità sono:

  • il REACH – Registration, Evaluation, Authorization of CHemicals (Regolamento CE n. 1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006)
  • il CLP – Classification Labelling Packaging (Regolamento CE n. 1272/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008

A tali normative fanno riferimento ulteriori documenti più recenti, emessi dalla Commissione Consultiva permanente in materia di Valutazione del Rischio chimico, che illustrano nel dettaglio le linee guida per effettuare correttamente la valutazione. Tali documenti sono riconosciuti anche a livello Italiano e sono coerenti con quanto definito dalla comunità Europea.

La normativa italiana relativa alla valutazione del rischio chimico nei luoghi di lavoro si trova nel Titolo IX del D.Lgs 81/08 e si articola in tre Capi principali:

  • Capo I – Protezione da agenti chimici
  • Capo II – Protezione da agenti Cancerogeni e Mutageni
  • Capo III – Protezione da rischi connessi all’amianto

Valutazione del rischio chimico in ambito lavorativo

Il processo di valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici si articola su tre fasi fondamentali.

1. Valutazione del pericolo

Avviene attraverso un’attenta e scrupolosa analisi della Scheda di Sicurezza del prodotto, dove sono elencate e descritte tutte le proprietà di pericolo della sostanza in fase di analisi.

2. Valutazione dell’esposizione

Tiene conto di:

  • modalità attraverso le quali i lavoratori possono entrare in contatto con la sostanza chimica a cui sono esposti, della frequenza di utilizzo e della quantità massima consentita;
  • valutazioni ambientali che identificano la presenza della sostanza nell’ambiente di lavoro e/o l’assorbimento nell’organismo.

3. Caratterizzazione del rischio

Sulla base dei risultati emersi dalle fasi precedenti, il datore di lavoro elabora le dovute misure preventive, protettive e di sorveglianza sanitaria, volte a:

  • eliminare o ridurre la possibilità di esposizione all’agente chimico sul luogo di lavoro analizzato;
  • monitorare la presenza e la diffusione delle sostanze chimiche presenti.

Gli esiti possibili di una valutazione del rischio all’esposizione ad un agente chimico sono:

  • Rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute
  • Rischio non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute

In questo secondo caso, il datore di lavoro dovrà adottare tutte le misure preventive e le disposizioni come definito negli artt 225 e 226 del Testo Unico.

In sintesi

Ogni attività che preveda l’utilizzo o la presenza di prodotti e sostanze chimiche con un rischio chimico associato (anche solo potenziale) deve:

  • valutare, attraverso l’ausilio di consulenti specializzati, il livello di esposizione dei lavoratori agli agenti chimici pericolosi presenti o utilizzati nei luoghi di lavoro;
  • creare procedure di utilizzo e gestione del prodotto e dell’eventuale rifiuto;
  • informare e formare il personale sulla tipologia di prodotti presenti, sul livello di rischio associato, sulle modalità di utilizzo, conservazione e stoccaggio.

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