Gli accertamenti del rischio di contagio da HIV

Tutela della salute nei luoghi di lavoro: la sorveglianza sanitaria e gli accertamenti pre-assuntivi e periodici di sieropositività al virus HIV.

La salute nei luoghi di lavoro passa anche dalla prevenzione di infezioni che, in particolari condizioni, potrebbero esporre i lavoratori a condizioni di rischio. Un argomento particolarmente delicato in proposito riguarda gli accertamenti pre-assuntivi e periodici di sieropositività al virus dell’HIV. Nonostante, infatti, l’introduzione dei farmaci retrovirali abbia notevolmente abbattuto il livello di contagiosità e il trattamento farmacologico dei soggetti HIV positivi abbia contribuito all’abbattimento della carica virale plasmatica al di sotto dei limiti di rivelabilità dei test, la prevenzione rimane sempre un argomento di particolare importanza, da trattare con una sensibilità specifica. Predisporre misure contro il rischio di contagio risulta quindi di fondamentale importanza, purché queste rispettino il lavoratore e non lo espongano ad atti che potrebbero essere ritenuti discriminatori.

La legislazione in materia prevede la tutela dei lavoratori che svolgono attività in cui è elevato il rischio di trasmissione dell’infezione. A tale scopo, laddove sussiste un rischio di contagio per esposizione professionale ad HIV e malattie ad esso correlate, come la TBC, è necessario predisporre programmi di prevenzione specifici. In particolare, deve essere garantito ai lavoratori un ambiente di lavoro sicuro e salubre, così come devono essere prese precauzioni che abbiano carattere universale e disposizioni specifiche per evitare l’insorgere di incidenti e di altri eventi dannosi. Lo scopo è quello di ridurre al minimo la possibilità di trasmissione di HIV e TBC nelle attività che più espongono al rischio, come il settore medico-sanitario.

Le norme specifiche di settore, che richiedono l’accertamento preliminare della condizione di sieronegatività come condizione necessaria perché il lavoratore risulti idoneo ad uno specifico servizio, hanno una legittimazione esclusivamente nella sussistenza di un’effettiva condizione di rischio, come un concreto e reale rischio di contagio verso terzi in occasione e in ragione dell’esercizio dell’attività stessa. In ogni caso, la sieropositività non può costituire motivo di discriminazione per l’assunzione o la conservazione dell’impiego, né rappresentare una giusta causa per la cessazione del rapporto di lavoro.

Rimane dunque da chiarire in quali circostanze e a quali condizioni l’indagine sierologica per l’HIV può e deve essere effettuata a tutela della salute del lavoratore.

Il riferimento principale per evitare possibili abusi è rappresentato dal Documento di Valutazione dei Rischi. Da questo, infatti, deve risultare in modo chiaro il criterio utilizzato per accertare che nel contesto lavorativo preso in considerazione sia presente il rischio concreto di trasmissione dell’HIV, anche in relazione alla qualifica professionale e alla condizione di salute del singolo lavoratore.

Pertanto, la legittimità dell’esecuzione del test in via preventiva, a tutela della salute del lavoratore, deve essere giustificata dal livello di rischio individuale di esposizione, valutato caso per caso dal medico competente. Dal momento che nessuno può essere sottoposto senza il proprio consenso ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV, se non per motivi di necessità nel suo interesse, tale indagine clinica non può essere effettuata indiscriminatamente su tutti i lavoratori né come accertamento preventivo, né come accertamento per verificare il mantenimento nel tempo della condizione di sieronegatività. L’unica eccezione riguarda i casi in cui il controllo sia strettamente giustificato dall’alto rischio espositivo individuale valutato dal medico competente, che, da parte sua, deve fornire adeguate informazioni sul significato della sorveglianza e degli accertamenti sanitari complementari richiesti.

La verifica della sussistenza di una particolare condizione di rischio per la salute e la relativa necessità di effettuare un monitoraggio preventivo rientra nelle specifiche attribuzioni del medico competente che è tenuto a collaborare alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione della sorveglianza sanitaria.

Un’ultima puntualizzazione riguarda la possibilità di effettuare accertamenti specifici per l’HIV in occasione di visita medica preventiva in fase pre-assuntiva, di visita medica preventiva di idoneità alla mansione e delle visite periodiche.

Il datore di lavoro ha la facoltà di richiedere l’effettuazione di visita medica preventiva pre-assuntiva, che può essere effettuata dal medico competente o anche dai dipartimenti di prevenzione delle ASL per accertare l’idoneità fisica al lavoro. Tenendo però conto di quanto sin qui esposto, l’esecuzione del test per accertare una condizione di sieronegatività non trova nessuna valida motivazione, dal momento che in ogni caso un accertamento di sieropositività non può costituire motivo di discriminazione nell’accesso al lavoro.

È prevista, inoltre, anche una visita medica preventiva di idoneità alla mansione e visite periodiche. La valenza di tali visite è determinata dalla necessità di accertare, attraverso il controllo sanitario dei lavoratori, l’assenza di controindicazioni al lavoro rispetto ai rischi per la salute connessi allo svolgimento della mansione specifica. Pertanto, dove con l’apporto del medico competente la valutazione dei rischi abbia evidenziato un elevato rischio di contrarre l’infezione da HIV nello svolgimento delle attività connesse alla mansione specifica, nel predisporre un adeguato protocollo sanitario in funzione di tale specifico rischio, il medico competente dovrà prevedere la necessità o meno di effettuare un monitoraggio individuale.