Ambiente – Economia circolare, Agenda 2030, bilancio di sostenibilità

La sostenibilità implica un benessere (ambientale, sociale, economico) costante e preferibilmente crescente e la prospettiva di lasciare alle generazioni future una qualità della vita non inferiore a quella attuale.

Ma quali sono i vantaggi di cui gode un’impresa sostenibile e qual è il valore della redazione del “bilancio di sostenibilità“; cosa significa “economia circolare” e ancora, quali sono i temi dell’Agenda 2030.

Sostenibilità ambientale nelle imprese: significato, obiettivi e perché è importante 

Negli ultimi anni il termine “sostenibilità” è stato sempre più spesso associato al mondo delle imprese, ponendo l’attenzione sull’impatto delle loro attività sull’ambiente naturale e sul benessere delle persone e dei territori dove operano.

Cosa significa sostenibilità?

Va innanzitutto tenuto presente che la sostenibilità è un concetto dinamico, in quanto le relazioni tra sistema ecologico e sistema antropico possono essere influenzate dallo scenario tecnologico, che, mutando, potrebbe allentare alcuni vincoli relativi, ad esempio, all’uso delle fonti energetiche.
Soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura è il diktat dei nostri tempi: questa è infatti la definizione di sviluppo sostenibile, oggi goal globale grazie all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile definiscono un nuovo modello di società, secondo criteri di maggior responsabilità in termini sociali, ambientali ed economici, finalizzati ad evitare il collasso dell’ecosistema terrestre. E in questo disegno tutti possono fare la loro parte, dalle aziende ai consumatori finali

Gli obiettivi dello sviluppo sostenibile secondo l’Agenda 2030

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile è il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto il 25 settembre 2015 dall’Assemblea generale dell’Onu, ovvero dai governi dei 193 Paesi membri. Il suo cuore pulsante è rappresentato da 17 Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile (Sustainable development goals – SDGs), inglobati in un grande programma d’azione che individua ben 169 target o traguardi. 

Gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile fanno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del millennio (Millennium development goals) che li hanno preceduti e mirano a completare ciò che questi non sono riusciti a realizzare. Con i loro “predecessori” i SDGs condividono obiettivi comuni su un insieme di questioni cruciali: la lotta alla povertà, ad esempio, ma anche l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico. ‘Obiettivi comuni’ significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.

I firmatari, all’atto della sottoscrizione, riconoscono “che sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, inclusa la povertà estrema, è la più grande sfida globale ed è un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile”. Tutti i Paesi e tutte le parti in causa, agendo in associazione collaborativa, si impegnano quindi ad implementare questo programma. “Siamo decisi a liberare la razza umana dalla tirannia della povertà e vogliamo curare e salvaguardare il nostro pianeta” – affermano -. “Siamo determinati a fare i passi audaci e trasformativi che sono urgentemente necessari per portare il mondo sulla strada della sostenibilità e della resilienza. Nell’intraprendere questo viaggio collettivo, promettiamo che nessuno verrà trascurato”. 

In questo quadro, i propositi dell’Accordo “mirano a realizzare pienamente i diritti umani di tutti e a raggiungere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione di tutte le donne e le ragazze” – spiegano i sottoscrittori del documento -. “Essi sono interconnessi e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: la dimensione economica, sociale ed ambientale. Gli Obiettivi e i traguardi stimoleranno nei prossimi 15 anni interventi in aree di importanza cruciale per l’umanità e il pianeta”. 

Più nel dettaglio, gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (Sustainable development goalsSDGs) mirano ad affrontare un’ampia gamma di questioni relative allo sviluppo economico e sociale, includendo la povertà, la fame, il diritto alla salute e all’istruzione, l’accesso all’acqua e all’energia, il lavoro, la crescita economica inclusiva e sostenibile, il cambiamento climatico e la tutela dell’ambiente, l’urbanizzazione, i modelli di produzione e consumo, l’uguaglianza sociale e di genere, la giustizia e la pace.

Nel seguito sono elencati i 17 obiettivi proposti dall’Accordo:

  1. Sconfiggere la povertà – Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo

  2. Sconfiggere la fame – Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile

  3. Salute e benessere – Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età

  4. Istruzione di qualità – Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti

  5. Parità di genere – Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze

  6. Acqua pulita e servizi igienico-sanitari – Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie

  7. Energia pulita e accessibile – Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni

  8. Lavoro dignitoso e crescita economica – Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti

  9. Imprese, innovazione e infrastrutture – Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile

  10. Ridurre le diseguaglianze – Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le nazioni

  11. Città e comunità sostenibili – Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili

  12. Consumo e produzione responsabili – Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo

  13. Lotta contro il cambiamento climatico – Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico

  14. Vita sott’acqua – Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile

  15. Vita sulla Terra Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre

  16. Pace, giustizia e istituzioni solide – Promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile

  17. Partnership per gli obiettivi – Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile

Le tre dimensioni della sostenibilità

Sarà l’adozione nel 2011 a Göteborg (Svezia) della Strategia dell’Unione Europea per lo sviluppo sostenibile, piano a lungo termine per il coordinamento delle politiche ai fini di uno sviluppo sostenibile a livello economico, sociale e ambientale, a fornire misure concrete che interessano tutte le dimensioni dello sviluppo. 

La sostenibilità economica, la sostenibilità ambientale la sostenibilità sociale 

L’affermazione della visione integrata delle tre dimensioni dello sviluppo, abbracciata anche dalla responsabilità istituzionale, si concretizza proprio nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che fonde in un tutt’uno:

  • dimensione ecologica: riproducibilità delle risorse;
  • dimensione economica: efficienza, crescita;
  • dimensione sociale: equità.

In definitiva, ognuno degli elementi del concetto di sviluppo sostenibile – attenzione per i bisogni presenti e attenzione per le future generazioni – può essere visto dai diversi tre aspetti: ambientali, sociali ed economici.

Sostenibilità ambientale

Significa conservare il capitale naturale, tenendo presente che l’ambiente pone limiti ad alcune attività umane (in alcuni casi non è possibile “barattare” risorse ambientali o danni arrecati all’ambiente in cambio di altri vantaggi o benefici potenziali).

Una descrizione tecnica della sostenibilità ambientale arriva da The Natural Step, organizzazione internazionale no-profit  dedicata all’innovazione attraverso la sostenibilità, che punta il focus su quattro tipi di riduzioni: ridurre l’estrazione di sostanze naturali dalla crosta terrestre (metalli, combustibili fossili ecc.); ridurre la produzione di sostanze e composti chimici (plastica, diossine ecc.); ridurre il degrado fisico della natura e dei processi naturali (gli habitat marini, boschivi ecc.); ridurre gli ostacoli che impediscono alle persone di soddisfare i bisogni umani fondamentali (condizioni di lavoro, di salute ecc.).
Sono concetti forti che superano l’idea di sostenibilità ambientale legata solo a riciclo, riuso e biodegradabilità;

L‘ecologia ha come paradigma principale la stabilità – la garanzia della conservazione della sopravvivenza degli ecosistemi.

Sostenibilità sociale

E’ la condizione che mantiene la coesione di una società e la sua capacità di sostenere i suoi membri nel collaborare insieme per raggiungere obiettivi comuni, parallelamente al soddisfacimento dei bisogni individuali di salute e benessere, di un’adeguata nutrizione e riparo, di espressione e identità culturale e di impegno politico.

Le scienze sociali hanno come paradigma l’uguaglianza – combattere contro le iniquità e i conflitti causati dai privilegi e dai differenziali tra sessi, età, gruppi, razze e paesi.

Sostenibilità economica

E’ inteso come sviluppo per il quale il progresso verso la sostenibilità sociale e ambientale si realizza attraverso risorse economiche disponibili. L‘ingiusta distribuzione della ricchezza è infatti causa di comportamenti non sostenibili e rende più difficile il cambiamento.

L‘economia ha come paradigma la crescita – la stagnazione e il sottosviluppo non sono considerati compatibili con la sopravvivenza dei sistemi economici e con il benessere degli uomini.

Economia circolare e sostenibilità ambientale

Il modello di produzione e di consumo tradizionale si fonda sul principio dell’Economia Lineare (take-make-dispose), ed ha avuto successo nel secolo scorso grazie ad un’elevata accessibilità a grandi quantità di risorse ed energia.
In un mondo in cui le risorse non sono infinite, è necessario fare sempre più i conti con queste problematiche di approvvigionamento.

Una valida alternativa può essere rappresentata dall’Economia Circolare, nuovo paradigma economico che dissocia la crescita economica dal consumo di risorse, ripensando i modelli di produzione e di consumo per ridurre gli sprechi e riutilizzare i materiali all’interno di cicli produttivi infiniti.

In un’Economia Circolare, il modello di produzione di tipo “take-make-dispose” viene sostituito con la Riduzione, il Riuso, la Rigenerazione e il Riciclaggio, attraverso modifiche che intercorrono lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti, dalla fase di progettazione fino al recupero a fine vita. Rigenerare prodotti e componenti è una delle strategie chiave dell’Economia Circolare, in grado di eliminare il concetto di fine vita e conseguire notevoli vantaggi ambientali. Attraverso la rigenerazione, è possibile recuperare scarti e rifiuti per poterli avviare a processi di rigenerazione, in modo da conferire loro una seconda vita.

Perché la sostenibilità è un vantaggio per le aziende?

Che cosa distingue un’impresa “sostenibile”? Fondamentalmente, le best practice che caratterizzano
questo status si declinano su tutti i versanti della sostenibilità.

Un’impresa sostenibile, ad esempio:

  • Utilizza gli scarti di altri processi come input;
  • Riduce al minimo o elimina l’impiego di materiali nuovi estratti dalla terra;
  • Crea output che possono essere utilizzati da altri processi o riportati allo stato naturale ed elimina i rifiuti che non è possibile utilizzare o riportare allo stato naturale;
  • Utilizza la minor quantità possibile di energia per raggiungere il risultato desiderato;
  • Impiega energia essenzialmente prodotta da fonti rinnovabili.

Perché sforzarsi di ottenere risultati simili, certamente non di semplice realizzazione?
Partiamo da un dato. Secondo un rapporto di Nielsen, società leader nelle indagini di mercato, oggi il 52% dei consumatori si dichiara disposto a spendere di più se il brand adotta delle politiche di sostenibilità. Non solo. L’indagine spiega anche che “i marchi che sono in grado di connettersi strategicamente (con la sostenibilità) al comportamento dei consumatori aumentano le aspettative e la domanda”, precisando tuttavia che “le dichiarazioni di sostenibilità sulle confezioni dei prodotti devono anche riflettere il modo in cui un’azienda opera dentro e fuori”.
Insomma, il valore di mercato di un atteggiamento etico è ormai innegabile, tanto che la sostenibilità è ormai vista come un elemento strategico in grado di innescare nuove dinamiche competitive e di giocare un ruolo cardine nella competizione.

Quali sono i vantaggi di cui gode un’impresa sostenibile? 
Possono essere riassunti in

  • vantaggi in termini di sostenibilità sociale, che alimentano la fiducia che gli stakeholder interni ed esterni (lavoratori, fornitori, clienti, investitori etc.) nutrono verso l’azienda
  • vantaggi relativi alla sostenibilità ambientale, come scelta per pratiche a basso impatto con ricadute positive sui costi.

Più nel dettaglio, i vantaggi sono così riassumibili:

  • aumento dell’efficienza delle attività e dei processi aziendali;
  • utilizzo razionale delle risorse, con riduzione degli sprechi e costi;
  • miglior capacità di gestione dei rischi;
  • maggiore comprensione del mercato grazie alla capacità di innovazione;
  • incremento della reputazione dell’azienda e del capitale intangibile;
  • miglioramento del clima interno.

Esempi di sviluppo sostenibile

Una breve ma esauriente guida scritta da Enzo Bonanni, presidente di Ona (Osservatorio nazionale amianto) puntualizza alcune pratiche essenziali per uno sviluppo ambientale sostenibile:

Riciclo dei rifiuti e riuso

“Tra le varie specie animali che abitano il nostro pianeta, l’uomo è l’unico che dà avvio a cicli non chiusi” – scrive -. “Cosa significa? Significa che gli altri animali producono rifiuti che ritornano a far parte dell’ambiente in cui sono prodotti e vengono riutilizzati.
Ridurre lo spreco e la produzione dei rifiuti è uno dei capisaldi del modello di sviluppo eco sostenibile. La modalità di approvvigionamento di materie prime, la trasformazione delle stesse e la produzione di materiale di scarto deve essere ampiamente studiata prima di immettere un prodotto sul mercato. Anche noi possiamo fare molto in questa direzione, facendo in modo rigoroso la raccolta differenziata e dedicandoci all’acquisto consapevole. Inoltre possiamo preferire lo sviluppo di prodotti sostenibili”.

Fonti di energia rinnovabile

“Prediligere fonti di energia rinnovabile e studiare nuovi sistemi per l’approvvigionamento di energia green è uno dei capisaldi dello sviluppo sostenibile. Le risorse fossili del nostro pianeta non sono infinite e necessitano di un tempo incredibilmente lungo per rigenerarsi. Inoltre la loro estrazione, lavorazione e consumo sono altamente inquinanti e responsabili dell’inquinamento atmosferico. Nel nostro piccolo prediligiamo l’energia da fonti rinnovabili, come l’energia solare”.

Economia circolare

“Sono esempi concreti di economia circolare i prodotti di scarto di un processo di produzione che vengono riutilizzati. Pensiamo al packaging della pasta prodotto con gli scarti della crusca. Siamo ancora lontani dalla creazione di cicli chiusi anche se numerosi esempi virtuosi riducono i rifiuti e lo spreco e mettono sul mercato prodotti duraturi progettati per avere una seconda vita in quasi il 100% dei loro componenti”.

Esistono al mondo molti esempi di sviluppo sostenibile, ma ecco alcuni esempi:

  • Energia solare: è completamente gratuita e disponibile in un’offerta illimitata. Sostituire l’energia non rinnovabile con questo tipo di energia è efficace sia dal punto di vista ambientale che finanziario.
  • Energia eolica: è prontamente disponibile. L’energia eolica può integrare o addirittura sostituire il costo della rete elettrica, e quindi può essere un buon investimento e rimane un grande esempio di sviluppo sostenibile.
  • Rotazione delle colture: è definita come “la successiva messa a dimora di diverse colture sulla stessa terra per migliorare la fertilità del suolo e aiutare a controllare insetti e malattie”. Questa forma di sviluppo non solo può andare a vantaggio degli agricoltori commerciali, ma può anche aiutare coloro che fanno giardinaggio in casa.
  • Impianti idrici efficienti: sostituire le attuali pratiche costruttive e sostenere l’installazione di efficienti docce, servizi igienici e altri apparecchi idrici può conservare una delle risorse più preziose della terra: l’acqua. Esempi di apparecchi efficienti sono i prodotti del programma WaterSense dell’EPA, l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, così come le toilette a doppio scarico e compostaggio. Secondo l’EPA, ci vuole molta energia per produrre e trasportare l’acqua e per trattare le acque reflue, e poiché meno dell’uno per cento dell’approvvigionamento idrico disponibile sulla terra è acqua dolce, è importante che l’uso sostenibile dell’acqua venga impiegato a livello individuale e sociale.
  • Spazi verdi: comprendono parchi e altre aree in cui le piante e la fauna selvatica sono incoraggiati a prosperare. Secondo alcuni studi, i vantaggi degli spazi verdi includono: “contribuire a regolare la qualità dell’aria e il clima (…) ridurre il consumo energetico contrastando gli effetti del riscaldamento delle superfici pavimentate (…) ricaricare le falde acquifere e proteggere laghi e corsi d’acqua da deflusso di  inquinanti”.

    Volendo poi elencare in modo più sommario le buone pratiche in termini di sviluppo sostenibile, ecco altri comportamenti facilmente applicabili:
  • Produzione extra di energia in casa (smart grids) 
  • Car sharing 
  • Smart working 
  • Deforestazione sostenibile 
  • Economia di quartiere 
  • Uso di biocarburante

Il bilancio di sostenibilità nelle imprese

Anche se rendicontare la sostenibilità non è obbligatorio per tutte le aziende, sono sempre più numerose le organizzazioni che decidono di farlo. Quali sono i benefici del redigere il bilancio di sostenibilità per i soci, i clienti, i dipendenti e gli investitori e quali informazioni deve contenere?

Non ha nulla a che fare con la contabilità e le scritture. Non è obbligatorio ma piace sempre più alle imprese e agli enti. Si tratta del bilancio di sostenibilità ovvero la prassi di comunicare periodicamente (ogni anno), in modo totalmente spontaneo, i riflessi dell’attività dell’azienda sull’ecosistema socio-ambientale in cui è inserita. L’obiettivo è promuovere una visione più completa dell’operato dell’organizzazione, che tenga conto non solo dei risvolti economico-finanziari ma anche dell’impatto sulla società e il territorio in cui è immersa.

In un’economia che è sempre più globale e interconnessa, consumatori e investitori sono alla ricerca di maggior trasparenza, in particolare per quel che riguarda tematiche che toccano da vicino la sensibilità personale dei cosiddetti stakeholder, i portatori di interesse verso l’azienda, che si tratti di soci, dipendenti clienti o investitori. I dati dell’ultimo Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile di LifeGate evidenziano come ben 36 milioni di italiani, ovvero il 72% della popolazione maggiorenne del nostro Paese (era il 67% lo scorso anno), ritengono la sostenibilità un tema sentito o molto sentito. Il 26% dei consumatori, inoltre, si dice disponibile a pagare un sovrapprezzo per l’acquisto di un prodotto o di un servizio con caratteristiche di maggior sostenibilità. A parità di rendimento, poi, anche l’89% dei finanziatori è più incline a privilegiare un investimento sostenibile rispetto a uno che non offre queste garanzie.

Il bilancio di sostenibilità porta nelle aziende i valori sociali e ambientali dell’attività. Il suo scopo è rendere conto degli impatti non finanziari dell’azienda verso tutti i soggetti con cui viene a contatto. Vediamo insieme cos’è, quali documenti bisogna presentare, quali vantaggi apporta al business e quando è obbligatorio.

Cos’è il bilancio di sostenibilità o report di sostenibilità

L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

È questa la definizione che l’Unione Europea dà del bilancio di sostenibilità nel 2001, citandolo all’interno del Libro Verde della Commissione UE. Cinque anni dopo, il Ministero dell’Interno italiano ha messo nero su bianco una definizione nazionale di questo documento aziendale. “Il Bilancio Sociale è l’esito di un processo in cui l’amministrazione rende conto delle scelte, attività, risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato”. 

In parole semplici, è il documento di carattere informativo con cui l’azienda comunica il proprio impegno (in gergo si chiama accountability o assunzione di responsabilità), gli obiettivi che intende raggiungere e i traguardi già ottenuti in tre aree chiave della relazione con il suo ecosistema di riferimento:

  • Ambiente ecologico: come utilizza le risorse naturali e qual è il suo impatto ambientale;
  • Ambiente economico: come genera e ridistribuisce ricchezza, aiuta a far progredire il Paese e ridurre la disoccupazione;
  • Ambiente sociale: come tutela i diritti dei lavoratori, si impegna a ridurre i divari di genere e favorire la crescita del territorio in cui opera.

Il bilancio di sostenibilità si differenzia dal bilancio d’esercizio, che è un documento contabile che fornisce una rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, perché ha come obiettivo quello di informare gli stakeholder dei risultati economici, sociali e ambientali generati dall’azienda nello svolgimento delle proprie attività. 

Con il bilancio di sostenibilità un’impresa, un ente pubblico, un’associazione, comunica periodicamente, in modo volontario, i risultati della sua attività, non limitandosi ai soli aspetti finanziari e contabili ma rendicontando i risultati sociali e ambientali generati dall’azienda nello svolgimento della sua attività.

Caratteristiche del bilancio di sostenibilità

Oggi consumatori e investitori sono sempre più attenti agli aspetti della riduzione dell’impatto ambientale delle attività e attribuiscono a questo valore un peso crescente nelle proprie decisioni di consumo e finanziarie. Il bilancio di sostenibilità rappresenta, quindi, un incentivo allettante per le aziende che non sono obbligate per legge a redigere la dichiarazione non finanziaria ma che vogliono comunque pubblicizzare l’impegno dimostrato nel ridurre l’impatto ambientale e socio-economico della propria attività. 

A chi si rivolge?

Il bilancio di sostenibilità è un documento rivolto a tutti gli stakeholder, o portatori di interesse verso l’azienda, che comunica gli impegni e i risultati presi nell’ambito della Responsabilità d’Impresa – o Corporate Social Responsibility (CSR).

Chi sono questi portatori di interesse?
Sono i dipendenti, fornitori, clienti, comunità locali, media, investitori, finanziatori ecc.). E’ a loro che si rivolge il bilancio di sostenibilità che viene pubblicato una volta all’anno. Generalmente è redatto secondo linee guida e standard di rendicontazione, i più diffusi dei quali sono quelli predisposti da Global Reporting Initiative (GRI).

E’ obbligatorio redigere il Bilancio di Sostenibilità?

Il bilancio socio ambientale non è una prassi vincolante per le organizzazioni. L’obbligo di rendicontare iniziative e obiettivi legati alla responsabilità sociale d’impresa (CSR, Corporate Social Responsibility) riguarda infatti come già sottolineato la sola dichiarazione non finanziaria. La materia è disciplinata dalla Direttiva UE 95/2014 (Direttiva sull’informativa non finanziaria NFRD), recepita a fine 2016 dal Consiglio europeo e dal Parlamento Europeo, che ha reso la DNF un documento obbligatorio per alcune categorie di imprese ed enti. La stesura di questo documento riguarda al momento le sole aziende di grandi dimensioni, con un attivo di stato patrimoniale superiore ai 20 milioni di euro oppure con ricavi netti superiori ai 40 milioni di euro; i gruppi che impiegano oltre 500 dipendenti su base consolidata e gli enti di interesse pubblico, come le case madri di grandi gruppi industriali. 

Le informazioni da includere nel documento sono quelle relative ad ambiente, rispetto dei diritti umani e parità di genere, anticorruzione e contrasto alla concussione. 

Tutte le altre organizzazioni potranno comunque decidere di stilare su base volontaria un report di sostenibilità o bilancio di sostenibilità. La situazione sembra però destinata a cambiare presto. Il 21 aprile 2021, infatti, la Commissione europea ha approvato una proposta di rettifica della Direttiva sulla Rendicontazione della Sostenibilità Aziendale (CSRD), che modifica gli attuali obblighi di rendicontazione contenuti nella NFRD. 

La proposta estende il campo di applicazione dell’obbligatorietà di stilare la dichiarazione non finanziaria a tutte le grandi aziende e alle società quotate in Borsa a prescindere dalla loro dimensione (con l’eccezione delle sole microimprese). Inoltre, istituisce l’obbligo di verifica (assurance) delle informazioni documentate nel rapporto di sostenibilità e richiede di etichettare digitalmente (taggare) i dati indicati, in modo che possano confluire in un macro database gestito a livello europeo. Infine, introduce una maggior granularità nei requisiti di rendicontazione, prevedendo quindi l’indicazione di informazioni più dettagliate, oltre all’obbligo di uniformarsi a standard validi nella zona della UE.

Sono poco più di 200 le aziende italiane soggette all’obbligo normativo di rendicontazione non finanziaria.

Quali informazioni contiene il bilancio di sostenibilità?

Il d.lgs. 246/2016 richiama cinque ambiti di rendicontazione:

  • lotta alla corruzione attiva e passiva;
  • ambiente;
  • personale:
  • sociale;
  • diritti umani.

Inserisce inoltre un richiamo alla materialità, per cui le aziende devono rendicontare anche su temi specifici e rilevanti per loro. Su questi ambiti, l’azienda deve mettere in evidenza modalità di gestione, rischi, politiche e performance.

Oltre a questo, l’impresa deve rendicontare sul modello di business.


Le modalità di presentazione delle informazioni non finanziarie possono essere diverse:

  • inserire la dichiarazione non finanziaria (DNF) nella relazione di gestione, come specifica sezione;
  • redigere una relazione distinta dalla relazione di gestione caratterizzata dalla dicitura “dichiarazione di carattere non finanziario”; tale dichiarazione può essere inserita all’interno di un documento più ampio (quale ad esempio il bilancio di sostenibilità), purché si aggiunga anche la dicitura “dichiarazione non finanziaria redatta ai sensi del d.lgs. n. 254/2016”;
  • inserire le informazioni nell’apposita sezione della relazione di gestione e/o in altre sezioni della stessa relazione e/o in altri documenti esterni previsti da leggi, ivi compresi la relazione distinta.

La dichiarazione non finanziaria prevista dal d.lgs. n. 254/2016 è soggetta all’iter approvativo e pubblicitario previsto per il bilancio civilistico. Il documento è quindi depositato presso il Registro delle imprese e reso pubblico attraverso i canali istituzionali (sito internet).

Come si redige un bilancio di sostenibilità

Non esiste allo stato attuale un riferimento normativo unico, a livello europeo, che indichi la documentazione da produrre, uno schema di organizzazione dei contenuti o una procedura specifica per la sua stesura.

Uno schema valido può essere questo.

  • Spiegare i valori fondanti dell’azienda, i principi che ispirano l’operato dei suoi manager, la sua mission.
  • Inquadrare le aspettative degli stakeholder (in primis soci, finanziatori e clienti).
  • Identificare strumenti e dati idonei a supportare il top management nella definizione delle strategie sociali e ambientali.
  • Indicare le prestazioni ottenute sotto il profilo socio-ambientale.
  • Quantificare il contributo sociale e ambientale netto dell’azienda nei confronti dei diversi portatori di interesse.
  • Verificare la coerenza tra obiettivi fissati e risultati ottenuti e valutare i gap.
  • Indicare gli obiettivi di miglioramento nel lasso temporale identificato.

Le aziende possono anche riferirsi ad alcuni framework internazionali, il più diffuso è il GRI (Global Reporting Initiative). L’ente ha pubblicato 36 linee guida da seguire nella stesura dei bilanci di sostenibilità, in modo che siano il più possibile omogenei e trasparenti nei contenuti, così da fornire informazioni facilmente confrontabili. Le organizzazioni che decidono di seguire queste indicazioni – in modo assolutamente volontario e non vincolante – hanno la garanzia di pubblicare documenti dettagliati sotto il profilo dei temi trattati e completi nella disamina dei diversi ambiti di intervento (politiche sociali e del lavoro, consumo di energia, impronta idrica, emissioni di gas serra…). Uniformandosi a questi standard, l’azienda dichiara un livello di reporting basandosi sull’autovalutazione delle proprie prestazioni e obiettivi rispetto ai criteri definiti dal GRI. In aggiunta a questa autodichiarazione, poi, l’organizzazione potrà scegliere anche di:

  • Richiedere al GRI di verificare i contenuti dell’autodichiarazione

Oppure (o in aggiunta)

  • Avvalersi di una società di audit per ottenere un giudizio professionale sull’autodichiarazione 

La differenza tra bilancio di sostenibilità e bilancio sociale

Quando si parla di reportistica relativa alle informazioni di carattere non finanziario, non ci si deve confondere. Diversi sono, infatti, i documenti che è possibile produrre, ciascuno con contenuti e scopi differenti. Vediamo i principali:

  1. Bilancio ambientale (rendiconto di sostenibilità ambientale): questo report informativo redatto su base volontaria si concentra sulle strategie adottate nell’ambito della gestione aziendale per ottenere risultati tangibili in tema di tutela ambientale ed efficienza ecologica, così da ridurre riducendo la cosiddetta carbon footprint. 
  2. Bilancio sociale (rendiconto della responsabilità sociale): documento aggiuntivo al tradizionale bilancio d’esercizio, che rappresenta un trait d’union tra la rendicontazione economico-contabile e quella sociale. Il report offre una valutazione a 360° degli effetti che l’attività dell’azienda produce sulla società in cui opera ed è stilato su base esclusivamente volontaria, fatta eccezione per le imprese sociali e per quelle che operano nel terzo settore
  3. Bilancio integrato (report integrato): comunicazione sintetica che illustra le come l’organizzazione intende creare valore per il contesto in cui opera distinguendo obiettivi e azioni di breve, medio e lungo periodo. ll documento si ottiene allineando processi di reportistica esterni e interni all’azienda e copre le stesse aree del bilancio di sostenibilità esponendole, però, in una logica di capitale (umano, economico-finanziario…).
  4. Dichiarazione non finanziaria (dichiarazione consolidata non finanziaria): documento che trova origine nelle disposizioni della direttiva UE 95/2014. Utile per rendicontare le informazioni inerenti all’impatto ambientale e socio-economico dell’attività aziendale, in modo che siano facilmente accessibili e confrontabili da parte di investitori e clienti.
  5. Bilancio di sostenibilità (report di sostenibilità o rapporto di sostenibilità): prospetto che nasce come evoluzione del bilancio sociale e fa parte della categoria di reportistica di carattere non finanziario redatta su base volontaria. Questo strumento permette di rendicontare gli impegni presi sul fronte delle prestazioni economiche, sociali e ambientali, documentando i progressi fatti e i risultati ottenuti. Lo stesso documento illustra anche il sistema di governance a cui va soggetta l’organizzazione.

I vantaggi del bilancio di sostenibilità

Scegliere di rendicontare la sostenibilità significa promuovere un modo di operare più trasparente e responsabile per l’azienda, che assicura vantaggi evidenti.

  • Migliorare la Brand Reputation dimostrando un impegno concreto sulle tematiche ESG (Environmental, Social e Governance), superando i limiti del Greenwashing.
  • Costruire un modello di business più solido e improntato alla resilienza operando un Risk Management più efficace che tiene conto degli effetti delle dinamiche socio-ambientali sulla Supply Chain e, più in generale, su tutta l’attività.
  • Impegnare l’azienda nella rilevazione periodica dei dati relativi all’andamento della gestione aziendale, con la conseguenza di attuare un monitoraggio più granulare e un miglioramento continuo delle performance aziendali.
  • Identificare e ridurre inefficienze e sprechi, a vantaggio dei risultati economico-finanziari.
  • Aiutare a identificare minacce e opportunità di business attraverso una più attenta valutazione dell’ecosistema socio-ambientale di riferimento.
  • Accedere un più ampio ventaglio di finanziamenti, per esempio quelli che rientrano nell’ambito dell’Impact Investing.
  • Ridurre gli oneri finanziari potendo contare su iniezioni di risorse pubbliche (stanziamenti PNRR) e operando una gestione dei rischi più completa.
  • Ampliare la platea dei clienti affacciandosi a nuovi mercati o nicchie di consumatori più attenti all’impatto ambientale e sociale dei propri comportamenti.
  • Realizzare un elemento di differenziazione solido e duraturo rispetto alla concorrenza. L’attenzione ai temi della sostenibilità è, infatti, un denominatore comune alla maggior parte delle aziende di successo in questo periodo storico.
  • Motivare, attrarre e fidelizzare i migliori talenti. I giovani lavoratori dimostrano una sensibilità sempre più alta rispetto alla dimensione etica dell’operato delle organizzazioni presso cui operano.

La scelta di dotarsi di questo strumento di gestione e comunicazione della sostenibilità produce in particolare una doppia serie di benefici per l’azienda: vantaggi interni che si riflettono in una migliore organizzazione e gestione di processi interni all’azienda e vantaggi esterni che si traducono in una migliore visibilità, e maggiore affidabilità per gli interlocutori esterni.

Pmi e sostenibilità

La  direttiva europea 2014/95/UE  rende la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario obbligatoria per le imprese di interesse pubblico di grandi dimensioni, lasciandola volontaria per le Pmi.

Tuttavia cresce l’attenzione delle aziende italiane verso l’ambiente e il sociale ma sono ancora poche le realtà produttive che elaborano bilanci e rendicontazioni ambientali e di sostenibilità. 

Dal report ISTAT “Sostenibilità nelle imprese: aspetti ambientali e sociali” nel 2018, 7 imprese su 10 hanno adottato comportamenti sostenibili. In particolare, sono 712mila (il 68,9%) quelle con 3 e più addetti impegnate a migliorare il benessere lavorativo del personale. A lavorare per ridurre l’impatto ambientale delle attività sono in 688mila (66,6%) e 670mila (64,8%) quelle che hanno implementato il livello di sicurezza in azienda o nel territorio in cui operano.

La maggior parte dei comportamenti virtuosi, però, non si traduce in disclosure di informazioni non finanziarie. Una ricerca effettuata da KPMG sui principali orientamenti di 200 società, primariamente Enti di Interesse Pubblico, emerge che  13 dichiarazioni non finanziarie sono di natura volontaria: tra queste, sono pubblicate da parte di società quotate e oltre il 90% è rappresentato da documenti stand alone. Focalizzando l’analisi sui singoli settori, è possibile evidenziare come quasi il 50% delle DNF volontarie siano appartenenti al settore finanziario.

I benefici per le PMI che comunicano informazioni legate alla sostenibilità.

I principali benefici che una PMI potrebbe ottenere scegliendo di rendicontare informazioni non finanziarie nel proprio bilancio sono riconducibili a:

  • risk assessment e mitigazione dei rischi (finanziari e non finanziari);
  • rapporti più agevoli con la Pubblica Amministrazione;
  • miglior accesso al mercato del credito e alle risorse finanziarie;
  • migliore capacità di attrarre e fidelizzare risorse con le giuste competenze;
  • sviluppo di una filiera sostenibile (sia con i propri fornitori che come fornitori);
  • supporto dai propri stakeholder;
  • facilitazione nelle aggregazioni di imprese;
  • miglioramento dell’immagine e della brand reputation,

La crescita reputazionale è un importante vantaggio di cui le Pmi possono beneficiare grazie a bilanci e rendicontazioni ambientali e di sostenibilità. Un elemento che aiuta a consolidare le relazioni territoriali e quelle con i fornitori, soprattutto per le aziende della supply chain (catena di fornitori).

Esempi di bilancio sostenibile

Il rapporto di sostenibilità è ormai una prassi consolidata per molti brand globali. Da diversi anni anche alcune multinazionali e grandi gruppi industriali italiani rendono pubblica questa informativa. Tra le realtà più attive nel rendicontare l’impegno assunto sul fronte della circolarità e dell’inclusione troviamo:

  • Barilla ha investito nella riduzione del contenuto di grassi dei propri prodotti, oltre a donare alimenti alle comunità locali e a promuovere un packaging più sostenibile. L’azienda si è impegnata a ridurre progressivamente l’uso della plastica nelle confezioni dei propri prodotti privilegiando carta e cartone provenienti da foreste gestite responsabilmente. Dal 2010 a oggi, poi, il gruppo di Parma ha ridotto le emissioni di CO2 del 31% e ottenuto la neutralizzazione totale (100% delle emissioni di CO2 compensate) per i brand Mulino Bianco e Wasa. Nella filiera, sono circa 10mila le aziende agricole coinvolte in progetti di agricoltura sostenibile.
  • Enel ha presentato nel 2019 il Piano di Sostenibilità 2020-2022, che si focalizza sulla lotta al cambiamento climatico attraverso la crescita delle rinnovabili e la progressiva fuoriuscita del carbone dal mix energetico. Il gruppo misura i propri obiettivi di circolarità, equità e inclusione sociale sulla base di quattro dimensioni significative: energia pulita, lotta al cambiamento climatico, innovazione in infrastrutture più sostenibili, città e comunità più sostenibili. Enel si è impegnata a ridurre dell’80% le emissioni dirette di gas serra per kWh entro il 2030 rispetto ai livelli del 2017, mentre entro il 2040 punta alla completa decarbonizzazione, giocando d’anticipo di 10 anni rispetto agli obiettivi della COP 26 (Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) e dell’Accordo di Parigi. 
  • Esselunga rendiconta i risultati delle iniziative di spesa solidale promosse in collaborazione con la Caritas Italiana e il Banco Alimentare. Sul fronte ambientale, ha introdotto diverse innovazioni utili a migliorare l’efficienza energetica negli stabilimenti di lavorazione, che oggi sono in grado di autoprodurre energia elettrica e termica dal gas naturale attraverso due impianti di trigenerazione. L’impegno sociale si esprime, invece, soprattutto attraverso la volontà dell’azienda di sostenere i produttori e le eccellenze nostrane nell’ambito dell’iniziativa Rinascita Italia, per cui l’84% dei prodotti a marchio proprio è interamente prodotto nel Belpaese.
  • Ferrero: protezione dell’ambiente, valorizzazione delle persone, promozione di un consumo più responsabile e approvvigionamenti più sostenibili sono i quattro macro obiettivi che il colosso internazionale del food si propone di raggiungere nei prossimi anni. La scadenza fissata è quella del 2030, quando l’azienda di Alba (CN) conta di dimezzare le emissioni derivanti dalle proprie attività prendendo come riferimento i dati del 2018. Già oggi tutti gli stabilimenti europei utilizzano energia elettrica 100% rinnovabile e gli imballaggi riciclabili, compostabili o riutilizzabili, già nel 2020 rappresentavano l’82,9% del totale (i dati 2021 non sono ancora stati pubblicati).
  • Lavazza: l’iniziativa che porterà il Gruppo a neutralizzare la propria impronta ecologica entro il 2030 è stata battezzata “Roadmap to Zero”. Il piano si concretizza in tre linee di azione: monitoraggio delle emissioni inquinanti, introduzione progressiva di processi di efficientamento e compensazione delle emissioni non riducibili. Già a fine 2020 il gruppo ha raggiunto il traguardo dell’azzeramento dell’impatto delle emissioni dirette di CO2, quelle generate da punti vendita, stabilimenti, uffici e veicoli aziendali, oltre che quello delle emissioni indirette generate dall’energia acquistata e consumata. Entro il 2030, invece, è previsto il raggiungimento della piena compensazione delle emissioni indirette lungo tutta la Supply Chain.
  • Salvatore Ferragamo: la nota casa di moda punta molto sui temi dell’inclusione. Ha aderito infatti alla campagna globale “The Hiring Chain” e avviato un’iniziativa di inclusione lavorativa che ha portato all’inserimento in organico di risorse con sindrome di Down. Nel 2021, inoltre, alla società è stato assegnato un punteggio pari alla categoria massima (“A”) nella prestigiosa “A List” del CDP (Carbon Disclosure Project) relativamente alle azioni di riduzione delle emissioni CO2.

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