Salute e sicurezza sul lavoro: vademecum per gli studi professionali

Quali sono gli obblighi ex lege imputabili ai titolari degli Studi professionali (commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati, notai), quali sono le responsabilità correlate e gli strumenti idonei ad una conforme valutazione dei rischi? Vediamolo insieme in questo articolo!

Dal punto di vista normativo, gli Studi professionali vengono considerate aziende a “basso rischio infortunistico” e dunque il Decreto Interministeriale consente di adottare il relativo modello ministeriale ai sensi dell’art. 29 del Testo Unico (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.).

In base a tale modello ministeriale, gli obblighi e gli adempimenti che il datore di lavoro deve rispettare nel suo studio professionale sono i seguenti:

1. Effettuare la valutazione dei rischi
2. Nominare il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) o svolgere tale funzione in prima persona
3. Informare i lavoratori sul diritto o dovere di eleggere il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS)
4. Nominare il medico competente, se almeno uno dei lavoratori è assimilabile a videoterminalista
5. Nominare e formare gli addetti al primo soccorso e all’antincendio
6. Informare i lavoratori
7. Formare i lavoratori

Inoltre, il datore di lavoro dovrà adottare tutte le misure di prevenzione e protezione necessarie, compresi i dispositivi di protezione collettiva o individuale (es. luci di emergenza, estintori, cassetta di primo soccorso, piano di emergenza, rilevatori di fumo, etc.)

Vediamo ora nel dettaglio ciascun obbligo quali azioni comporta.

1. Valutazione dei rischi e redazione del DVR

La valutazione dei rischi è definita dal legislatore “l’attività di valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”.

Il datore di lavoro (professionista) è chiamato, innanzitutto, a redigere il documento di valutazione (DVR), in cui devono necessariamente essere indicati e considerati tutti i rischi connessi:

  • all’attività lavorativa, rischi da stress lavoro-correlato, rischi riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza;
  • alle differenze di genere, all’età, alla provenienza di altri paesi;
  • alla specifica tipologia contrattuale con cui viene resa la prestazione di lavoro e, in periodo di pandemia, il rischio biologico per contagio da Sars-CoV2.

Nell’operazione di valutazione dei rischi il datore di lavoro deve avvalersi della collaborazione del RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), del medico competente (qualora sia necessario nominarlo) e deve consultare preventivamente il RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza), quando nominato.

Una volta compilato, il documento di valutazione dei rischi:

  1. deve essere conservato presso la sede (unità produttiva) dello Studio alla quale si riferisce;
  2. deve essere munito di data certa e/o riportare la firma del Datore di lavoro, dell’RSPP, del Medico Competente e dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza.

Si specifica inoltre che per l’omessa redazione del DVR il datore di lavoro può essere perseguito penalmente (arresto da 3 a 6  mesi) oppure sanzionato con un’ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro.
In caso, invece, di incompleta (o non conforme) redazione, l’ammenda varia da 1.228,50 a 4.914,03 euro.

2. Nomina del RSPP

Il datore di lavoro ha l’obbligo di nominare il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dello studio professionale. Quest’ultimo ricopre il ruolo di un “consulente” di fiducia del datore di lavoro o, per certi aspetti, colui attraverso il quale filtrano le decisioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

È prevista la possibilità che lo stesso datore di lavoro assuma il ruolo di RSPP. In tal caso si parla di DLSPP e il datore di lavoro deve frequentare corsi di formazione della durata di 16 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.
Vige l’obbligo di aggiornamento della formazione, frequentando un monte ore formativo di 6 ore ogni 5 anni. 

In alternativa viene individuato un RSPP esterno, in possesso dei seguenti titoli, attitudini e capacità adeguate alla natura dei rischi presenti su luogo di lavoro:

  • possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore;
  • possesso di un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, relativo a corsi formativi adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative;
  • frequenza, con attestato finale e verifica, di corsi specifici in materia di prevenzione e protezione dei rischi, di natura psicosociale, di organizzazione e gestione delle attività tecnico-amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali.

Per tale figura, il legislatore prevede l’obbligo di partecipazione ai corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale salvo aggiornamenti che rendano necessarie procedure formative costanti.

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Si specifica inoltre che per la mancata nomina del RSPP o la mancata assunzione in proprio del ruolo di DLSPP, il datore di lavoro può essere perseguito penalmente (arresto da 3 a 6 mesi) oppure sanzionato con ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro.

3. Elezione del RLS

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è “la persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro”.

Il T.U. 81/2008 non fa mai riferimento ad un presunto obbligo da parte del datore di lavoro in merito alla elezione del RLS; la designazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è pertanto un diritto dei lavoratori, ma non un dovere del datore di lavoro. Quest’ultimo ha il solo dovere di permetterne l’elezione e consentire al lavoratore prescelto di seguire i dovuti corsi di formazione per RLS secondo le modalità e i tempi previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

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Per le strutture sotto i 15 dipendenti è inoltre prevista la possibilità di avvalersi del RLS “territoriale”, nel caso in cui i dipendenti decidano di non eleggerne uno in azienda. La nomina del RLST è in capo agli OPT (organismi paritetici territoriali), vale a dire gli enti bilaterali di ciascun settore produttivo.

Tuttavia, nel caso in cui l’ente bilaterale non provveda a nominare l’RLST di riferimento, il datore di lavoro non incorre in nessuna sanzione, alla luce di quanto indicato.
Si specifica, inoltre, che nel caso in cui ci si avvalga dell’RLST (quindi esterno), il datore di lavoro deve redigere e custodire un verbale, validato dai lavoratori, in cui si attesti che questi ultimi non hanno scelto di procedere all’elezione del RLS interno.
Allo stesso modo, nel caso in cui i lavoratori non intendano eleggere un RLS, dovrà essere stilato un verbale di mancata nomina.

Tuttavia, è consigliabile richiedere la partecipazione attiva dei lavoratori così che individuino un rappresentante che collabori fattivamente con il datore di lavoro e, magari, segua gli adempimenti necessari e le scadenze rilevanti.

4. Nomina del medico competente

La sorveglianza sanitaria è una misura di prevenzione applicata ai lavoratori che sono esposti a determinati rischi per la salute, che siano suscettibili di provocare conseguenze dannose per la salute o una malattia da lavoro.

In alcuni casi, il datore/professionista di lavoro è tenuto alla nomina del medico competente. Ad esempio, quando ha alle sue dipendenze videoterminalisti, cioè lavoratori che trascorrono più di 20 ore settimanali davanti al monitor di un computer, svolgendo attività quali: data-entry, elaborazione dati, videoscrittura, telefonate, ricerca dati, ecc.

Il medico competente è definito dal Testo Unico come colui che collabora con il datore di lavoro per effettuare la sorveglianza sanitaria dei lavoratori. Pertanto, deve essere in possesso di requisiti specifici, di natura formativa e professionale, così come definiti dal decreto del Ministero dell’Università e della ricerca e del Ministero della salute del 15 novembre 2010.

Non vi sono vincoli particolari per quanto riguarda il rapporto di lavoro del medico competente con il datore di lavoro: egli, quindi, può essere un dipendente della stessa azienda, un libero professionista o lavorare in qualità di dipendente o collaboratore presso una struttura pubblica o privata che eroga il servizio di sorveglianza sanitaria.

Per quanto concerne specifici oneri in capo al datore di lavoro:

  • egli non può sottrarsi dall’obbligo di sottoporre il lavoratore a visita medica, qualora sia quest’ultimo a farne richiesta, sempre che sia “ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio sulla idoneità alla mansione specifica”,
  • deve provvedere alla conservazione per almeno 10 anni dell’originale della cartella sanitaria di ciascun lavoratore.

Il medico sarà coinvolto ad es. nella valutazione del personale in merito all’idoneità a prestare l’attività lavorativa durante gli ultimi mesi di gravidanza o alle condizioni di fragilità rispetto al Covid-19.

Si specifica inoltre che per la mancata nomina del medico competente, il datore di lavoro può essere perseguito penalmente (arresto da 2 a 4 mesi) oppure sanzionato con ammenda da 1.842,76 a 7.371,03 euro. E in caso non siano svolte le visite mediche obbigatorie, il datore di lavoro può essere perseguito penalmente (arresto da 2 a 4 mesi) oppure sanzionato con ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro

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5. Nomina dell’addetto al primo soccorso e antincendio

Per primo soccorso si intende l’insieme delle azioni che permettono di aiutare una o più persone in difficoltà, nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi qualificati.
Per pronto soccorso si intende, invece, l’intervento svolto dal personale sanitario addestrato a tale compito.

Esiste dunque una distinzione netta tra i compiti del primo soccorritore e quelli del soccorritore professionale: soccorrere non vuol dire effettuare prestazioni terapeutiche particolari o compiere determinate manovre, ma al contrario coincide anche con la semplice chiamata al 118 e nel non abbandono della vittima fino all’arrivo del personale qualificato.

In ogni caso, il datore-professionista ha l’obbligo di provvedere alla formazione dei lavoratori che ricoprono il ruolo di addetti al primo soccorso, ai quali vengono impartite istruzioni teoriche e pratiche per l’attuazione delle misure di primo intervento interno e per l’attivazione degli interventi di pronto soccorso.
Tale formazione deve essere aggiornata ogni tre anni.

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Il datore di lavoro deve, altresì, designare i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione degli incendi e della lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, e comunque, di gestione dell’emergenza.

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Nell’affidare tali compiti ai lavoratori, il professionista deve tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in relazione al loro stato di salute e sicurezza; e i lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Gli addetti alla lotta antincendio e al primo soccorso devono essere formati, e disporre di attrezzature adeguate.

All’esito della valutazione dei rischi d’incendio e sulla base del piano di emergenza, il datore di lavoro è tenuto a designare uno o più lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze.

6. Informare i lavoratori

Il datore di lavoro deve provvedere affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione sui rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dello studio professionale, le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.

Il datore di lavoro è dunque obbligato per legge a informare tutti i lavoratori e gli altri soggetti coinvolti, sia dei rischi generali dell’impresa, sia di quelli specifici connessi all’attività in concreto svolta dal lavoratore.
I mezzi di informazione messi a disposizione del datore di lavoro sono numerosi ed eterogenei. Sono costituiti principalmente da strumenti di propaganda (avvisi in bacheca, lettere, circolari, etc.).

Si specifica inoltre che per l’omessa informazione ai lavoratori (anche uno solo!) il datore di lavoro può essere perseguito penalmente (arresto da 2 a 4 mesi) oppure sanzionato con ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro.

7. Formare i lavoratori

Ogni lavoratore – al di là di altri  ruoli o incarichi ricoperti – ha diritto a ricevere un’adeguata e specifica formazione in materia di salute e sicurezza.

La formazione, che il datore di lavoro è tenuto ad erogare al lavoratore, deve essere proporzionata al rischio legato al posto di lavoro, alle mansioni ed alla responsabilità di ciascun destinatario, nonché al modificarsi del contesto produttivo di riferimento.

A seguito dell’Accordo Stato-Regioni del dicembre 2011, che ha specificato i contenuti della formazione, è obbligatorio formare tutti i lavoratori (non solo quelli assunti a tempo indeterminato o determinato, ma anche collaboratori co.co.pro, tirocinanti e stagisti).

Per gli studi professionali è prevista una formazione obbligatoria che si articola in due moduli:

  1. Generale (durata di 4 ore) con programmi e durata comuni per i diversi settori di attività
  2. Specifico (durata di 4 ore) in relazione al rischio effettivo a cui sono esposti nel singolo studio professionale

Il rischio specifico si rileva in funzione del settore ATECO di appartenenza.

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Si rammenta, infine, che nella maggior parte dei casi, i lavoratori del comparto degli studi professionali rientrano nella categoria di soggetti esposti a basso rischio; con l’eccezione dei soggetti afferenti all’area sanitaria, cui è associato un rischio alto.

Per quanto concerne i collaboratori a partita IVA presenti in studio per un numero rilevante di ore, occorre:

  • predisporre i documenti previsti all’art. 26 del T.U.
  • provvedere all’informazione sull’organigramma aziendale per sicurezza, sul piano emergenza ed evacuazione, sul posizionamento di mezzi estinguenti e cassetta primo soccorso.

Si specifica inoltre che per l’omessa formazione ai lavoratori (anche uno solo!) il datore di lavoro può essere perseguito penalmente (arresto da 2 a 4 mesi) oppure sanzionato con ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro o, per quanto riguarda gli addetti antincendio e primo soccorso, da 921,38 a 4.914,03 euro.

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